I bambini che vengono accolti nella missione provengono essenzialmente dalle favelas di Barbacena, periferie pericolose dove il degrado dovuto alla miseria crea le condizioni peggiori di sopravvivenza.

Pezzi di lamiera che fanno da tetto, grezzi mattoni o legni e cartoni che diventano pareti poggiate sulla nuda terra tra immondizie e fogne a cielo aperto in spazi che raggiungono a malapena i 10 mq. dove a volte sono stipate più di una decina di persone.

I favelados sono milioni, di solito sono immigrati dalle campagne che credono nel miraggio della città, per poi accorgersi che questa non ha nè spazi, nè lavoro per loro. Alimentazione misera e insufficiente, malattie, analfabetismo, promiscuità, disoccupazione, condizioni familiari che rubano l’infanzia ai piccoli, costretti a lavorare fin dalla tenera età.

Qualcuno di loro era già, nonostante la tenera età, per la collettività un piccolo delinquente, quantomeno un ladro (rubavano per mangiare), qualcuno di loro porta ancora i segni indelebili dell’orrida violenza della strada, qualcun altro le cicatrici dovute ad un padre violento perché alcolizzato o drogato, altri di una madre affamata che vende il proprio corpo per un pezzo di pane sotto gli occhi impietriti del figlio destinato a seguire l’esempio.

Ma c’è anche chi ha subito violenze dal padre, o da chissà chi, e addirittura chi per mesi e anni ha vissuto grazie a briciole racimolate nell’immondizia. E’ bene saper queste cose non solo per scuotere gli animi perché questa, che siate d’accordo o meno, è la realtà.