Elisabetta
I giorni che precedono la partenza sono frenetici, devo completare la raccolta di abiti usati, divise sportive, calze, libri di inglese per la scuola… mi sale l’ansia, controllo ancora una volta i documenti di viaggio, le dimensioni dei bagagli… i media ci hanno terrorizzato con le notizie di epidemia di Zika, leggo che alcuni atleti olimpici hanno persino rinunciato ai Giochi per non correre rischi! La voglia e la necessità di visitare il San Michele sono piu forti di qualsiasi deterrente.
È il mio primo viaggio in Sud America. All’aeroporto di Rio de Janeiro, Marco Roberto corre incontro alla sua màe, sono passati due anni dall’ultimo abbraccio. L’impatto con la terra brasiliana è potente. La natura qui è ancora rigogliosa benchè mutilata dall’uomo.
Della Mata Atlantica, la foresta pluviale costiera che una volta si estendeva dall’attuale stato di Rio Grande do Norte fino ai confini con l’Uruguay, non è rimasto che il 7%. La foresta venne trasformata in città, miniere, pascoli e piantagioni di canna da zucchero, caffè, cacao ed eucalyptus – tutte specie importate. L’Opera Sao Miguel Arcanjo ci accoglie in un giorno feriale, mancano tre settimane alla fine dell’anno scolastico, pochi giorni alla festa Junina. È difficile desrivere in quattro righe il melting pot di esperienze, emozioni, odori, sapori, parole, silenzi… ci vorrebbe un libro intero… Marco Bonari mi ha incoraggiata a scriverlo, forse un giorno lo farò!
Potrei raccontarvi di Anthony, Jesus Christofer, Pedro, Carlos Henrique, David… scelgo Alicia perchè la sua è la prima casa delle favelas di Barbacena in cui entriamo, accompagnati da Adriana, un educatrice della missione. Dopo pochi minuti devo uscire, comincio ad avere un senso di nausea e mi gira la testa.
Alicia frequenta l’asilo al San Michele, sta seguendo un trattamento odontoiatrico perchè i denti da latte dell’arcata superiore sono caduti e tardano a ricrescere, mangia lentamente, è una bimba timida e dolcissima. Un giorno all’ora di pranzo stavamo camminando verso il refettorio, vediamo la mamma o la zia di Alicia (mi scuso per l’imprecisione, ma le due donne vivono nella stessa baracca, non ricordo se fosse l’una o l’altra), ferma nel piazzale, con la bambina piu piccola, di neanche due anni, in braccio.
Spiega di aver perso l’autobus. Mi viene spontaneo chiederle “voce quer comer?”. Senza un istante di esitazione fa “si” con la testa. Mentre guardo la donna e la bambina mangiare un piatto di riso e fagioli sul tavolo di legono, mi sento in imbarazzo per la nostra tovaglia bianca. Penso che a questa madre non glie ne puo importare di meno di chi sia l’artefice di questo dono… uomo, donna, sacerdote, laico, santo, peccatore… “Avevo fame e mi avete dato da mangiare” (Mt.25, 31-46). Con grande riconoscenza auguro a tutti voi un sereno Natale.